mercoledì 26 agosto 2020

Review Party: “L’eredità di Jakob Bindel” di Bernice Rubens

Buon mercoledì Booklovers.
Oggi ho il piacere di parlarvi in anteprima di un romanzo molto intenso e particolare, una lettura che non potrà lasciare indifferenti ma che, alla fine, sicuramente vi renderà più ricchi. Il libro s’intitola L’eredità di Jakob Bindel, scritto dall’autrice gallese, di famiglia ebraica, Bernice Rubens e che sarà disponibile da domani grazie ad Astoria.

Banner realizzato da Susy de I miei magici mondi

Ringrazio infinitamente Susy, del blog I miei magici mondi, per avermi coinvolta in questo evento e Astoria per avermi fornito la copia del romanzo in omaggio.


Autore: Bernice Rubens
Genere: Narrativa
Pagine: 616
Prezzo e-book: 11,99 €
Prezzo cartaceo: 22,00 €
Data di uscita: 27 agosto 2020
Disponibile su Amazon (link di acquisto nel titolo)

Voto: ⭐⭐⭐⭐⭐

Trama:

“Dovete sopravvivere, figli miei. Amatevi l’un l’altro come avete sempre fatto e proteggetevi a vicenda. Ricordatevi di tutti noi e di tutto l’amore che ci unisce. Vi darà forza.” 

Il monito di Jakob, patriarca della famiglia Bindel, è il filo rosso che percorre la narrazione di questa monumentale saga, che segue la vita di sei generazioni di Bindel in un mondo ostile. La famiglia è unita da legami indissolubili di amore e lealtà, legami che sopravvivono alla coscrizione ventennale nell’esercito zarista degli anni trenta dell’Ottocento, al pogrom di Odessa del 1871, all’emigrazione nelle valli del Galles e in Germania, ai campi di concentramento nazisti e ai gulag sovietici.
Una promessa lega i fratelli Bindel, generazione dopo generazione: salvare la stirpe, resistere alla cattiveria degli uomini e della Storia.  Un racconto di persecuzioni e intolleranza, ma anche una testimonianza della resilienza umana e della forza dei legami familiari.

“Tutto ciò che accade in una famiglia, accade in misura molto più forte in una famiglia ebraica,” sosteneva Rubens, dandone una prova narrativa con questo romanzo potente, capace di commuovere, ma anche consolare.



Recensione


Recensire questo libro non sarà facile e non perché non mi sia piaciuto, al contrario, è un libro che ognuno di noi dovrebbe leggere per rinfrescarsi la memoria o, semplicemente, scoprire fatti accaduti nel passato che non si conosco o che si conoscono poco. La difficoltà nel parlare de L’eredità di Jakob Bindel si trova nella carica emotiva che la lettura del libro ha portato con sé.

Jakob sorrise tra sé e sé. Non erano i cavalli imbizzarriti a rendere terribili i tempi. Erano le sommosse, le espulsioni, le leggi restrittive e le tasse a rendere insopportabile la vita nel ghetto. Era di quello che quasi sempre morivano gli ebrei.

Bernice Rubens racconta la travagliata, difficile e, spesso, straziante storia delle diverse generazioni della famiglia, di religione ebraica, Bindel.
All’inizio del libro ci troviamo a Odessa nel 1820, la città Ucraina che all’epoca faceva parte dell’impero russo, guidato dallo Zar.
Benjamin e Reuben sono due Bindel, non sono fratelli di sangue ma sono nati lo stesso giorno e alla stessa ora. Sono zio e nipote ma sono chiamati fratelli di latte perché allattati dallo stesso seno. Assieme a Benjamin e Reuben conosciamo anche gli altri membri della famiglia Bindel, tra cui Jakob, padre di Benjamin e nonno di Reuben. Per una serie di vicissitudini, Benjamin e Reuben ancora bambini, vengono fatti arruolare ed entrano a far parte dell’esercito russo, da questo momento in poi, le loro vite e quelle della loro famiglia non saranno più le stesse. Tempi sempre più difficili e bui incombono, specialmente per le persone di religione ebraica.
“Dovete sopravvivere, figli miei,” ripeté. “Ascoltatemi. Amatevi l’un l’altro come avete sempre fatto e proteggetevi a vicenda. Non andate mai a letto senza fare pace. Appianate i vostri contrasti prima di dormire. Ricordatevi di tutti noi e di tutto l’amore che ci unisce. Vi darà forza.”

Con L’eredità di Jakob Bindel, Bernice Rubens descrive la persecuzione del popolo ebraico dall'inizio del diciannovesimo secolo fino al 1978, partendo da Odessa, passando per il Galles in Inghilterra, per i campi di concentramento nazisti, i gulag sovietici e giungendo, finalmente, a Tel Aviv nello Stato d’Israele.
La Rubens ci racconta fatti realmente accaduti, come il pogrom di Odessa del 1871, la notte dei cristalli nel1938 in Germania, il tentato annientamento della religione ebraica e del suo popolo durante la seconda mondiale, nei campi di concentramento nazisti e, ancora, i gulag sovietici del secondo dopoguerra. La storia che s’intreccia con la famiglia Bindel, con l’eredità lasciata da Jakob, sopravvivere all’oppressore, proteggersi l’un l’altro sempre e non dimenticarsi mai di appartenere alla religione ebraica.
I personaggi incontrati nel corso della lettura sono tanti, a volte può diventare difficile ricordarli tutti, ma essi servono all’autrice per raccontare al lettore il dolore e a volte la necessità di venire a patti con una religione che, a tratti, sembra quasi un enorme fardello, troppo grande e troppo pesante da dover portare, una punizione fin troppo severa. Eppure la storia ci dimostra che, nonostante le etichette e i pregiudizi troppo spesso siano infondati, essi contano di più della realtà stessa. E allora non importa se sei italiano, francese, russo o tedesco da generazioni, se parli correttamente la lingua e sei un onesto cittadino come tutti gli altri, quello che conta è la tua fede e null’altro ed è forse questa consapevolezza a fare più male, a ferire più in profondità e a non lasciare scampo.
Le scelte, a volte dolorose, che i personaggi compiono e le emozioni che queste scelte racchiudono sono descritte in modo magistrale da Bernice Rubens, e nessuna di quelle decisioni, nessun atto o parola sono lasciati al caso. L’importanza del proprio retaggio si trova dietro quelle decisioni, quando sei disposto ad accettare chi sei, al lascito della tua famiglia attraverso quegli eventi che ti plasmano, ti feriscono, ti fanno maturare e diventare la persona che sei destinato a essere.
Per molti ebrei tedeschi, che si erano sempre considerati tedeschi patriottici a cui era capitato di essere di fede ebraica, ritrovarsi ostracizzati fu un colpo tremendo. Leon Bindel non era mai stato un tedesco del genere. Aveva imparato dalla propria storia la lezione dell’esclusione.

Lo stile di scrittura di Bernice Rubens è essenziale, semplice eppure sa scavarti dentro, in profondità, regalandoti delle emozioni a volte dolore e amare, ma che ti scuotono con la loro forza e ti urlano e gran voce di non dimenticare, non rinnegare un passato e, forse, anche un presente fatto di pregiudizi, di persecuzioni, di orrori compiuti anche in nome di un ideale effimero, sbagliato e inutile. L’uomo non sa vivere in pace, non ne è capace, deve sempre trovare un motivo, una miccia, per conquistare, schiavizzare e rendere inutile l’altro, il diverso. La persecuzione del popolo ebraico, a partire dalla fuga dall’Egitto e perpetrata in seimila anni di storia, che ha visto il suo peggior culmine nei campi di concentramento tedeschi, come Auschwitz, Dachau, attraverso il genocidio perpetrato tra il 1933 e il 1945, in cui furono circa 15-17 milioni le vittime dell'Olocausto, di entrambi i sessi e di tutte le età (senza riguardo per anziani e bambini), tra cui 5-6 milioni di ebrei. Un antisemitismo che ancora oggi, nonostante tutto l’orrore, continua a persistere e per cosa poi? In nome di chi? Non sono forse tutte uguali le religioni? Non siamo forse noi a essere tutti uguali al di là di razza, fede, colore della pelle e cultura?
L’eredità di Jakob Bindel non è un libro facile da leggere ma è un libro che, come dicevo all’inizio della recensione, ognuno di noi dovrebbe leggere.
Vi confesso che mi sono sentita molto coinvolta durante la lettura, più volte ho dovuto interrompere e riprendere fiato, asciugarmi le lacrime e metabolizzare. Ma io mi conosco, sono così. Tendo a vivere tutto con grande trasporto e intensità, specialmente quando si tratta di certi argomenti e si affrontano determinati momenti della storia. Ho avuto la fortuna di nascere in un periodo di pace, in una terra in cui, nonostante tutto, non si combatte. Sono cresciuta con il racconto di chi quella guerra non l’ha combattuta perché troppo piccolo, ma che l’ha vissuta e poi raccontata. Con le parole dei partigiani che hanno fatto la resistenza, con i racconti di mio nonno e di quel fratello, fatto prigioniero in Grecia ma che è riuscito a sopravvivere perché faceva un lavoro “utile” come il barbiere. La mia adolescenza è stata segnata da letture come “Se questo è un uomo” di Primo Levi e sono contenta di poter affermare che, in età adulta, la mia memoria storica è stata spolverata e arricchita dal libro di Bernice Rubens. Perché oggi, come ieri, io continuo a scegliere di non dimenticare.
Sappi, straniero, della nostra sopravvivenza. Sappi straniero della nostra ostinata continuità. Sappi straniero della nostra cronica permanenza. Quindi vieni, straniero. In qualunque anno, in qualunque luogo, in qualunque lingua.

Ovviamente consiglio a ognuno di voi di leggere questo libro e ringrazio infinitamente Astoria per averlo pubblicato. Personalmente oggi, dopo averlo letto, mi sento più ricca e più consapevole di ieri. Spero che possa essere lo stesso anche per voi.
E mi raccomando leggete anche le altre recensioni per avere un quadro completo e migliore del libro.
Buona lettura e alla prossima.

Voto



7 commenti:

  1. Ciao Katy! Sembra essere un libro super intenso, ma molto interessante! Credo che ci sia bisogno del momento giusto per immergersi in una lettura di questo tipo, ma ne vale sicuramente la pena :)

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    1. Esatto Sara, è un romanzo molto intenso e anche doloroso da leggere perché è la storia stessa a esserlo. Però sono davvero contenta di averlo letto. Mi è tornata anche voglia di rileggere "Se questo è un uomo" di Primo Levi.
      Grazie mille di essere passata.

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  2. Che brava sei stata a spiegare perfettamente questa storia non facile ma di grande impatto

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    1. Grazie mille Susy, sono davvero felice di averla letta

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  3. Stupenda. Ottima analisi. Purtroppo il fatto di essersi sentiti cittadini tedeschi o cittadini italiani a tutti gli effetti, il fatto di aver magari combattuto per la propria patria nella Prima Guerra Mondiale ha tratto in inganno molte persone, che hanno perso tempo prezioso che avrebbero potuto impiegare per fuggire. Molte persone sono state delle Heidi. Si sono sentite troppo parte (e come dare loro torto) di una nazione che non ha esitato un secondo a mandarli al macello. E hanno aperto gli occhi troppo tardi. Tanto in Germania che in Italia.

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    1. Grazie mille Silvia, questo romanzo offre moltissimi spunti riflessivi di grande importanza. Come dici tu sono stati tanti queli ebrei che hanno peccato di ingeniuità, ma come non capirli? Del resto era la loro casa, la loro terra. Non è facile abbandonare tutto per un viaggio che non sai dove di porterà.

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    2. Esatto. Anche perché sfido la mente umana ad ipotizzare certe cose.

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