domenica 31 ottobre 2021

Storytelling Chronicles #2 - Un portafortuna originale

Buona domenica Booklovers e felice Halloween!
Appuntamento con Storytelling Chronicles, la rubrica a cadenza mensile ideata da La Nicchia Letteraria, dove, ogni mese, i blog partecipanti, scrivono un racconto su un tema scelto dal gruppo.

Il banner è stato realizzato da Tania del blog My Crea Bookish Kingdom

Il tema di questo mese è doppio perché bisognava parlare di castagne e foglie.
Il mio racconto si intitola Un portafortuna originale.
La protagonista è un’insegnante di Storia dell’Arte che, con i suoi alunni ed altri colleghi docenti, sta organizzando una festa di inizio anno scolastico.



Un portafortuna originale


La palestra della scuola era in fermento. Finite le lezioni del mattino, io e i miei giovani studenti, andammo nella piccola palestra per finire di sistemare gli addobbi che avevamo creato nelle ultime settimane.
Dopo il diploma conseguito all’Accademia delle Belle Arti di Bologna, iniziai a insegnare Storia dell’Arte nelle scuole medie della mia provincia. Ormai erano quasi dieci anni che insegnavo ma, purtroppo, ero ancora una docente precaria. Tuttavia amavo il mio lavoro e non mi ero ancora stancata di essere un’insegnante nomade.

Quell’anno, io e i docenti di Educazione Fisica e di Inglese, decidemmo di organizzare un piccolo party per insegnanti, studenti e le loro famiglie, per festeggiare l’inizio dell’anno scolastico. Eravamo vicino ad Halloween e, anche se non è una festa cristiana, ai ragazzi piaceva, così decidemmo di prendere due piccioni con una fava. Dietro il progetto “Festa di inizio anno da paura” c’era l’intento di insegnare ai ragazzi l’importanza di collaborare tutti insieme per uno scopo comune, indipendentemente dall’età o dalla classe.
Nel pomeriggio accompagnai in palestra gli alunni della terza “A”, che erano particolarmente indisciplinati, ma riuscivano sempre a mettermi di buon umore. Non ero un’insegnante particolarmente severa, tuttavia cercavo sempre di insegnare la mia materia con passione, stando sempre attenta a captare le attitudini, artistiche o meno, dei miei alunni e monitorare il loro umore. Mentre percorrevamo i corridoi del piano superiore, Alberto Errani, un ragazzino particolarmente “vivace”, mi si affiancò, guardandomi di sottecchi.
«Signor Errani, qual buon vento.»
«Prof» disse aggrottando le folte sopracciglia, «lo sa che parla in modo strano, vero?»
«Già, non è la prima volta che me lo dicono, per il meno mi distinguo dalla massa» gli dissi sorridendo. «Cosa accade, Alberto?»
«Pier ed Io abbiamo dimenticato di portare a scuola le castagne, come ci aveva chiesto.»
Lo guardai di traverso. «Ve ne siete dimenticati o non le avete proprio cercate?» gli chiesi alzando un sopracciglio.
«Prof, così mi offende. Certo che le abbiamo cercate, ce le siamo solo dimenticate» controbatté con quel sorrisetto che mi faceva impazzire il più delle volte.
«Tu e Pier siete fortunati, signor Errani, il giardino è pieno di ippocastani. Vorrà dire che il vostro nuovo compito sarà trovarne il più possibile in» guardai l’orologio, «una quarantina di minuti direi.»
«Ma prof, io e Pier pensavamo che avremmo potuto essere esonerati dato che non abbiamo il materiale» disse perdendo parte della sua spavalderia.
«Certo, come no. Ritenta, sarai più fortunato» risposi dandogli una piccola pacca sul braccio. «Sbaglio o sei cresciuto parecchio durante l’estate?»
«Già, dovrei essere più visibile in questo modo» disse stringendosi nelle spalle e gettando uno sguardo verso il fondo della fila.
Seguii il suo sguardo e vidi che stava osservando Chiara e le sue amiche parlottare tra loro. «Da qualcuno in particolare?» gli domandai senza riuscire a trattenermi.
«Cosa?! Certo che no» rispose imbarazzato.
Era strano vederlo così tanto sulle spine, mi fece una certa tenerezza.
«Vai da Pier e mettilo al corrente dei vostri nuovi compiti, appena saremo in palestra vi spiegherò cosa dovrete fare.»
«Lei è proprio senza cuore, prof» disse sbuffando.
«Grazie, sei molto gentile» gli dissi seriamente. Mi girai per guardare la sua buffa espressione.
«Non era un complimento» borbottò con voce incredula.
«Lo so» dissi scoppiando a ridere.
«Ecco, quando sorride diventa bella e gentile.»
«Il tuo complimento non mi farà cambiare idea, ora va piccolo adulatore.»
Alberto mi guardò strizzando gli occhi, poi tornò in fila con gli altri.

Quando arrivammo in palestra vidi che le classi di Maria Cristina, insegnante come me di Storia dell’Arte, avevano già iniziato ad appendere gli addobbi che avevano realizzato. Spostai lo sguardo verso destra, dove c’erano le gradinate, e scorsi Luca, insegnante di Educazione Fisica, e alcuni tra i ragazzi più grandi portare i tavoli che sarebbero serviti per il buffet e le bibite. Quando mi vide, mi fece un cenno con la testa, io lo salutai con la mano, poi mi voltai verso i miei studenti.
«Bene ragazzi, ho saputo che alcuni di voi hanno scordato di portare le castagne, come avevo chiesto, così ho pensato di modificare leggermente la tabella di marcia. Alcuni di voi andranno in giardino a cercare le castagne, mentre gli altri finiranno di ritagliare i disegni delle zucche e delle foglie e finiranno di scrivere gli striscioni con le bombolette arancioni. Allora: Pier, Alberto e Andrea andrete a cercare le castagne, e con voi verranno anche Sofia, Chiara e Giulia. Magari dividevi in coppie, tu, Chiara, potresti aiutare Alberto. Mentre Sofia e Giulia aiuterete rispettivamente Andrea e Pier. Forza ragazzi, avete solo quaranta minuti di tempo» dissi incitandoli. «Tutti gli altri vengano con me» dissi senza perdere troppo tempo». Azzardai un’occhiata verso Alberto e lo vidi stranamente sulle spine, mentre si grattava la testa con imbarazzo. Dopo tutto, forse, ci avevo visto giusto con lui.

Mentre aiutavo le ragazze a srotolare gli striscioni, vidi Luca avvicinarsi a noi con sguardo accigliato. Sapevo che stava attraversando un periodo un po’ difficile, il suo matrimonio era finito l’anno prima ma lui e l’ex moglie erano costantemente sul piede di guerra. Non sapevo di preciso cosa fosse successo, ma si vociferava che lei lo avesse tradito con il suo migliore amico. Qualsiasi cosa fosse accaduta, il sorriso di Luca era diventato sempre più un miraggio sul suo bel volto.
«Cosa ti hanno fatto di male questi poveri striscioni?» gli domandai mentre mi rimettevo in piedi.
Lui mi guardò un po’ stranito. «Li guardi come se li volessi uccidere con le tue stesse mani» precisai sorridendo.
Luca si passò stancamente una mano tra i capelli poi parve riprendersi. «Sono miei acerrimi nemici da sempre, non lo sapevi» mi rispose con fare risoluto.
«Hai ragione, possono essere letali se glielo permetti, ti consiglio di non abbassare mai la guardia in loro presenza» gli dissi annuendo comprensiva.
Lui mi guardò di traverso, poi scoppiò a ridere.
«Come fai a essere sempre di buon umore? Specialmente quando sei circondata da orde di ragazzini esagitati e con gli ormoni impazziti» mi domandò accigliato.
«Non farti ingannare, non vedo l’ora di tornare a casa e buttarmi sul letto. Ma poiché siamo in ballo, allora balliamo» gli risposi con un sorriso.
Luca si mise le mani sui fianchi guardandosi intorno pensieroso. Io ne approfittai per osservarlo meglio. Sembrava stanco e un pizzico nervoso. La mascella era contratta e lo sguardo severo che scandagliava tutta palestra. Prima di diventare insegnante era stato un atleta di alto livello, un campione italiano di nuoto di fondo in acque libere e aveva anche vinto diverse medaglie in campo internazionale. Poi un brutto infortunio alla spalla aveva interrotto la sua carriera agonistica. Tuttavia si era tenuto in forma, sapevo che si allenava con regolarità anche per scaricare la tensione. Con la sua altezza, le spalle larghe e quello sguardo serio metteva quasi soggezione. Lo conoscevo da un paio d’anni ed eravamo amici, spesso ci fermavamo a parlare davanti alla macchinetta del caffè in sala insegnanti, ma negli ultimi tempi si era molto chiuso in se stesso. Mi faceva male vederlo sempre così serio, avrei voluto poter fare qualcosa per il suo umore, ma avevo anche paura di diventare invadente.
«Coraggio Luca, siamo quasi arrivati alla fine di questa avventura» gli dissi sorridendo, “e poi potremo tornare alla solita routine.»
«Vorrei avere il tuo stesso ottimismo, forse eviterei di perdere tempo in pensieri decisamente lugubri.»
«Beh, siamo ad Halloween, qualche pensiero lugubre è concesso. Ma solo un paio, non di più.»
Luca si girò a guardarmi, poi fece un sorrisetto sghembo. «Sei proprio un bel tipino, Michela.»
In quel momento Andrea e Chiara ci vennero incontro. Avevano trovato tantissime castagne e anche delle belle foglie con cui poter creare altri addobbi. Mi complimentai con loro e notai che Alberto sembrava abbastanza soddisfatto. Quando Chiara si allontanò per andare ad aiutare le sue amiche Alberto restò con me e Luca, poi guardandomi seriamente mi disse: «Lo sa prof, alla fine non è così senza cuore come sembra.»
«Questa sì che è una sorpresa, piccolo adulatore» controbattei ridendo.
«Errani, non essere maleducato. La professoressa Alessandrini è tutto tranne che senza cuore» lo riprese Luca.
«Oh, ma questo lo so. Però è divertente stuzzicarla» disse con fare sornione.
«Errani, se continui a mancarle di rispetto, la prossima partita di basket ti lascerò in panchina, e guarda che non scherzo» gli disse Luca guardandolo severamente.
«Molto bene Alberto» intervenni, «vorrà dire che lunedì ti interrogherò su tutto il programma fatto fino ad oggi. Ci divertiremo tantissimo, vedrai.»
Alberto sollevò le mani in segno di resa. «Scusi prof, non volevo offenderla» disse con voce contrita. «E mi scuso anche con lei professor Meneghini, non mi faccia saltare la prossima partita. Chiara mi ha promesso che sarebbe venuta a vedermi giocare. Se non fosse stato per lei, non mi sarei diverto così tanto a cercare castagne.»
Con la coda dell’occhio vidi Luca scuotere la testa. «Sei davvero incredibile Errani.»
Osservai Alberto per un attimo, poi ripensai a una storia che mi raccontava sempre mio nonno.
«Sai, quando ero bambina mio nonno era solito raccontarmi una storia in questo periodo dell’anno. Apparteneva a una famiglia umile e con pochi mezzi. In tempo di guerra il mio bisnonno, ossia suo padre, faceva parte della resistenza e mio nonno e i suoi fratelli temevano che non lo avrebbero mai più rivisto. Una sera, la mia bisnonna, tornò a casa con un cesto di castagne, scelse le più belle e con una corda creò delle collanine con tre castagne ciascuna e poi ne diede una a testa ai propri figli. Disse loro che erano castagne portafortuna e che quando si sentivano tristi, per qualsiasi motivo, avrebbero dovuto chiudere gli occhi e toccare le castagne, perché le cose, prima o poi, si sarebbero sistemate. Da quel giorno mio nonno non si separò mai dalla sua collanina e anche se le castagne si erano seccate, lui continuava a portarle con sé ovunque andasse. Quando finì la guerra, il mio bisnonno tornò a casa, era molto provato ma per lo meno era vivo. Mio nonno si convinse che quelle castagne fossero davvero un portafortuna e decise di regalarle al padre, in modo che lo proteggessero sempre.
Nella nostra famiglia è tradizione regalare una collanina di castagne a chi vogliamo bene, in modo che la protegga e che le porti fortuna. Un modo silenzioso per dire “Sono contento di averti nella mia vita.”
Poiché il professore di Tecnica ha detto che sei molto bravo nei lavori manuali pensavo che potresti fare anche tu una collanina di questo tipo e darla alla persona che vorresti ringraziare per l’aiuto che ti ha dato.»
Quando terminai il mio racconto, notai che Alberto mi stava guardando attentamente. Si voltò verso Chiara e poi mi guardò di nuovo. «Grazie, prof» disse serio e si allontanò con passo deciso.
Mi voltai verso Luca e vidi che era tornato pensieroso, poi mi disse con uno strano luccichio negli occhi: «Ottimo lavoro, Michela.»
«Grazie, Luca» gli risposi sorridendo.
Poi tornammo ai nostri preparativi.

Quella sera, quando entrai in palestra, c’erano già tantissimi alunni e le loro famiglie. Gli addobbi con le castagne e le foglie che i ragazzi avevano realizzato erano bellissimi, inoltre il buffet era ricco di cibo e di bibite di vario genere. Si respirava un’aria rilassata e serena. Mi aggirai per la palestra scambiando due chiacchiere con i colleghi e gli alunni. Poi vidi Alberto venirmi incontro, sembrava felice e imbarazzato allo stesso tempo.
«Buonasera, prof.»
«Ciao, Alberto. Alla fine abbiamo fatto proprio un buon lavoro, non credi?»
«Ha ragione» mi rispose. «Sa, ho deciso di realizzare una collana di castagne e di regalarla a Chiara per dirle che me è importante. Penso che abbia apprezzato il mio gesto perché mi ha abbracciato e mi ha dato anche un bacio sulla guancia. È la migliore, prof.»
«Grazie, Alberto. Sono davvero felice che Chiara abbia apprezzato il tuo regalo. Sei un bravo ragazzo, ma io non avevo dubbi in merito» gli dissi sorridendo.
Mi parve di vederlo arrossire, ma prima che si sentisse in imbarazzo lo incitai ad andare dai suoi amici e di godersi la festa.

Poco dopo vidi Luca accanto al tavolo delle bibite. Aveva il suo solito sguardo serio e sembrava particolarmente teso. Gli andai vicino e lo salutai.
«Buonasera, prof.»
«Ben arrivata, Michela» mi rispose sorridendomi «ti stavo aspettando.»
Dopo un attimo di silenzio riprese a parlare. «So di essere stato particolarmente scostante in questo ultimo periodo, la separazione dalla mia ex moglie non è stata semplice, ma tu mi sei sempre stata accanto facendomi sentire il tuo supporto, anche quando credevo di non averne bisogno. In questo istituto sei una tra i colleghi più preziosi. Anzi direi che tu sia l’unica.» Poi tirò fuori dalla tasca dei jeans una collanina con tre piccole castagne come pendente.
«Ho provato a fare questa collanina per ringraziarti del tuo affetto e per dirti che sono felice di averti nella mia vita. Grazie di esserci» concluse mettendomi la collanina tra le mani.
«Oh, Luca, è la collanina di castagne più bella che abbia mai ricevuto. Grazie di cuore» gli risposi commossa.
Lui si guardò un po’ intorno, sembrava molto più rilassato mentre io osservato il suo regalo. Il cuore mi batteva furiosamente nel petto.
«Senti, cosa ne dici se dopo la festa andiamo a bere qualcosa insieme?» mi domandò guardando intensamente, una luce nuova animava i suoi occhi scuri.
«Dico che mi piacerebbe tantissimo» risposi sorridendo.
Lui annuì soddisfatto, poi mettendomi la sua grande mano dietro la schiena mi incitò a godermi la festa e insieme andammo dai nostri colleghi. La festa fu un successo, erano tutti molto soddisfatti. Ed io e Luca trascorremmo una serata magnifica insieme. Chissà, forse quella collanina mi avrebbe portato veramente fortuna, in cuor mio lo sperai tanto.


6 commenti:

  1. Che bello rileggerti Catia!
    Mi fa piacere che hai deciso di tuffarti in questa nuova e bella avventura ideata da Lara.
    Il racconto mi è piaciuto molto e testominia la bellezza di questo duro e difficile lavoro, essere insegnante non è di certo un lavoro facile ma è bello come la nostra protagonista sia riuscita ad empatizzare con i suoi allievi aiutandoli anche in attività extrascolastiche e che bella la coppia Michela e Luca. Penso che a volte non ci voglia tanto per capire se due persone sono fatte per stare insieme e tu in poche e semplici battute hai fatto questo, brava per la tua semplicità che a mio parere è sempre sinonimo di bellezza.
    Ho notato solo qualche ripetizione durante la lettura che però non ne hanno scalfito la dolcezza. Spero di rileggerti presto

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  2. Ciao Catia, sono davvero contenta di ritrovarti in veste di scrittrice!
    Anche io faccio supplenze (ho lavorato sia come prof di Lettere per i più grandi che come maestra per i più piccoli) e sono stata contenta di leggere di una scuola tornata alle sue "occasioni sociali" ed ai suoi momenti di leggerezza (il protocollo Covid non consente - giustamente, eh- tante cose da troppo tempo, ormai). Mi è piaciuta moltissimo la storia del bisnonno di Michela. Con Luca potrebbe formare una bella coppia... daje che lui adesso è libero (scherzo, ovviamente)!
    Personalmente avrei sistemato in modo diverso qualche virgola, ma il racconto, nel complesso, scorre proprio bene. Complimenti e alla prossima!

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  3. Ciao Katy! E' la prima volta che ti leggo e ne sono rimasta davvero soddisfatta. Sei stata bravissima a creare questa storia e non vedo l'ora di leggere altro di tuo. Alla prossima!

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  4. Ciao. Complimenti per la storia. Con la tua descrizione, hai creato proprio quella atmosfera da scuola, mi sono ritrovata a pensare a diversi momenti del passato. La descrizione dei luoghi, i personaggi, le loro dinamiche, direi che sono molto realistiche ed esprimono bene quella che dovrebbe essere la realtà.
    Complimenti.

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  5. La storia è davvero molto dolce, il personaggio della prof mi è piaciuto molto, così empatica e piena di vita. Gli elementi da inserire si integrano perfettamente nella storia, ho adorato il particolare della collanina portafortuna. Bellissimo il finale, con quel pizzico di romanticismo che non guasta mai. Solo qualche lieve imprecisione che nulla toglie alla storia. Brava

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  6. Ciao Katy, che bella storia hai creato: dolce, genuina, vera. Mi mancava leggere questo genere di tematiche che ti fanno ritornare col pensiero ai tempi in cui la scuola era un luogo di crescita e socialità. La prof dalla parlata antica mi piace un casino e con Luca fanno una bellissima e promettente coppia. Tuttavia, credo che sia il personaggio del giovane Alberto a tenere benissimo la scena, che dolce l'idea della collanina portafortuna. Ti lascio solo un piccolo consiglio, rileggi qualche volta in più a distanza di un po' di tempo dalla prima stesura, troverai qualche refuso birichino che tende a sfuggire. Ancora bravissima, alla prossima!

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