Oggi inauguro una nuova rubrica!
Si chiama Storytelling Chronicles è una rubrica a cadenza mensile ideata da Lara del blog La Nicchia Letteraria, dove, ogni mese, i blog partecipanti, scrivono un racconto su un tema scelto dal gruppo.
Dopo aver conosciuto questa meravigliosa iniziativa, ho deciso di mettermi alla prova. Devo ammettere che non ci sarei riuscita se non fosse stato per il supporto e la consulenza di Daniele, carissimo amico di vecchia data e scrittore in erba di grande talento.
Si chiama Storytelling Chronicles è una rubrica a cadenza mensile ideata da Lara del blog La Nicchia Letteraria, dove, ogni mese, i blog partecipanti, scrivono un racconto su un tema scelto dal gruppo.
Dopo aver conosciuto questa meravigliosa iniziativa, ho deciso di mettermi alla prova. Devo ammettere che non ci sarei riuscita se non fosse stato per il supporto e la consulenza di Daniele, carissimo amico di vecchia data e scrittore in erba di grande talento.
Il tema scelto per questo mese, in omaggio a Halloween, è l'ambientazione spettrale.
Il titolo del racconto è Un incontro inaspettato.
Protagonista è Milena, una giovane ragazza romana che, un tardo pomeriggio di fine ottobre, si ritrova a vivere un’avventura incredibile e che, forse, le aprirà le porte a una nuova vita.
Il titolo del racconto è Un incontro inaspettato.
Protagonista è Milena, una giovane ragazza romana che, un tardo pomeriggio di fine ottobre, si ritrova a vivere un’avventura incredibile e che, forse, le aprirà le porte a una nuova vita.
Milena era nervosissima.
Il colloquio avuto la settimana scorsa era andato benissimo, tuttavia non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione di paura che le attanagliava l’anima. Aveva trascorso una notte insonne, e la giornata lavorativa si stavo rivelando più stressante del previsto. Verso le quattro del pomeriggio, aveva bevuto due tazzine di caffè ma almeno si sentiva sufficientemente vigile per tenere d’occhio contemporaneamente la strada, il navigatore e riuscire a sostenere una conversazione telefonica con il suo capo.
«Sì, dottor Alghieri, sono appena uscita dalla strada principale. Penso che arriverò alla villa tra una decina di minuti. A presto!»
La strada stava diventando sempre più dissestata e simile a una mulattiera; l’asfalto aveva lasciato spazio a una via lastricata di pietre e le vecchie sospensioni della sua automobile rendevano la parte finale di quel tragitto per nulla confortevole. Aveva lasciato alle sue spalle l’ultimo paesino e ora si trovava in piena campagna laziale. Senza la preoccupazione del traffico cittadino, Milena poté osservare meglio il panorama: stava percorrendo un lungo viale alberato interrotto da qualche piccolo sentiero diretto verso delle piccole fattorie, all’orizzonte scorgeva le lussureggianti colline, ricoperte di vegetazione, e su cui sorgevano piccole cittadine che conosceva bene, avendole visitate più volte durante i corsi universitari. La luce tenue del tardo pomeriggio, dava al paesaggio un tocco quasi magico.
Il colloquio avuto la settimana scorsa era andato benissimo, tuttavia non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione di paura che le attanagliava l’anima. Aveva trascorso una notte insonne, e la giornata lavorativa si stavo rivelando più stressante del previsto. Verso le quattro del pomeriggio, aveva bevuto due tazzine di caffè ma almeno si sentiva sufficientemente vigile per tenere d’occhio contemporaneamente la strada, il navigatore e riuscire a sostenere una conversazione telefonica con il suo capo.
«Sì, dottor Alghieri, sono appena uscita dalla strada principale. Penso che arriverò alla villa tra una decina di minuti. A presto!»
La strada stava diventando sempre più dissestata e simile a una mulattiera; l’asfalto aveva lasciato spazio a una via lastricata di pietre e le vecchie sospensioni della sua automobile rendevano la parte finale di quel tragitto per nulla confortevole. Aveva lasciato alle sue spalle l’ultimo paesino e ora si trovava in piena campagna laziale. Senza la preoccupazione del traffico cittadino, Milena poté osservare meglio il panorama: stava percorrendo un lungo viale alberato interrotto da qualche piccolo sentiero diretto verso delle piccole fattorie, all’orizzonte scorgeva le lussureggianti colline, ricoperte di vegetazione, e su cui sorgevano piccole cittadine che conosceva bene, avendole visitate più volte durante i corsi universitari. La luce tenue del tardo pomeriggio, dava al paesaggio un tocco quasi magico.
Aveva trovato lavoro pochi mesi prima presso un’agenzia immobiliare della Capitale, anche se molto spesso le affibbiavano compiti pesanti e poco soddisfacenti. In quel tardo pomeriggio di fine ottobre, fin troppo caldo malgrado i colori sgargianti degli alberi lasciassero intendere l’arrivo dell’autunno, doveva ottenere il permesso di vendita di una antica villa di campagna. Quindi dovette attraversare Roma prima per recuperare le copie dei contratti, per arrivare, poi, al luogo dell’incontro, proprio durante l’ora di punta.
L’agenzia aveva già trovato un possibile acquirente, un proprietario di una catena di B&B che voleva espandere i suoi affari anche al di fuori della Capitale.
La voce elettronica del navigatore le annunciò di essere arrivata a destinazione: alla sua destra trovò un grande cancello rossiccio, montato su due colonne di pietra con mattoni a vista, oltre il quale c’era il parcheggio della villetta.
L’agenzia aveva già trovato un possibile acquirente, un proprietario di una catena di B&B che voleva espandere i suoi affari anche al di fuori della Capitale.
La voce elettronica del navigatore le annunciò di essere arrivata a destinazione: alla sua destra trovò un grande cancello rossiccio, montato su due colonne di pietra con mattoni a vista, oltre il quale c’era il parcheggio della villetta.
Era una casa a tre piani, con tetti spioventi alternati. Doveva essere stata costruita nel secolo precedente, lo stile architettonico era molto diverso da quelli che aveva osservato attraversando le cittadine e i paesini della provincia.
“È interessante, sembra quasi che più ci si allontani dai grandi centri abitati e più indietro si torni nel tempo.” Molti dettagli avevano già catturato l’attenzione di Milena, una vera patita dell’architettura vintage, per quanto non disdegnasse le comodità e la modernità.
Tutto sembrava rimasto come all’epoca in cui venne costruita: il camino con canna fumaria esterna, il pozzo nel giardino, le veneziane in legno e perfino il particolare intonaco delle mura esterne, ormai in gran parte ricoperte d’edere e rampicanti, stimolavano in lei sensazioni di pace e spensieratezza. Il silenzio in cui si era immersa da quando aveva varcato quell’ingresso le fece dimenticare tutti i dispiaceri che riempivano la sua mente fino a poco tempo prima.
«Buon pomeriggio, signorina.» Una voce alle sue spalle la fece sobbalzare e, per poco, non lasciò cadere a terra il faldone di documenti che aveva con sé. Si voltò e trovò ad accoglierla il volto sorridente di un uomo di mezza età; aveva con lunghi capelli grigi pettinati all’indietro, era vestito semplicemente con una camicia candida e pulita e dei pantaloni color cachi e un paio di mocassini di camoscio. Aveva un volto cordiale e uno strano luccichio negli occhi.
«Immagino che sia la persona inviata dal nuovo proprietario… Sono Enzo Martini ma immagino che il suo studio l’avrà già informata a riguardo.»
Milena si riprese dallo spavento e faticò non poco per tenere assieme tutti i fogli nella cartellina sgualcita che li conteneva. Ricordava il nome del precedente proprietario della villa anche se non ne conosceva, l’aspetto.
«Sì, certamente! Io sono Milena Lazzarini dello Studio Algheri.»
Si sedettero su una panchina di legno ancora in buono stato e Milena iniziò a spiegare brevemente le fasi procedurali per la cessione della villa. L’uomo però sembrava assorto e disinteressato alla conversazione.
«Quindi la mia villa diventerà un… Bed and Breakfast? Una specie di hotel a basso costo?»
Sospirò, poi si rivolse alla giovane: «Signorina, sarò franco e credo che lei mi comprenderà: penso che questa casa meriti molto di più, una seconda possibilità di essere vissuta come una magione degna di proprietari rispettosi della sua storia.» Fissò gli occhi verdi della giovane offrendole un lieve sorriso. Milena si sentiva a disagio e non proferì verbo, rimanendo ad ascoltare.
«Questa casa ha una storia ben più importante di quanto si pensi. È stata un rifugio per nobili decaduti, ricchi proprietari terrieri che hanno dato lavoro a molti braccianti, contribuito a far crescere la ricchezza delle comunità circostanti e, infine, anche a proteggere molte vite in anni molto più bui di questi.»
Milena ascoltava con attenzione e nel frattempo fissava la forma dell’edificio, i tetti spioventi con tegole datate ma in perfette condizioni malgrado l’età, godeva della pace e della quiete di quel luogo e per un istante si sentì parte di un mondo lontanissimo.
Poi tornò alla realtà, ricordò le sue difficoltà nel trovare un buon impiego, le vessazioni nell’ufficio ad opera dei superiori che le affibbiavano compiti insulsi e gravosi. Poi ritrovò quel volto, anziano ma sorridente e comprensivo. “Sì, anche io, come questa casa, merito di più.”
«Ascolti, non le prometto nulla, ma posso sottoporre la questione a un mio compagno di studi e trovare una soluzione, potremmo bloccare tutto, trovare un altro acquirente… Avete con voi i documenti catastali dell’edificio?»
L’uomo sorrise più apertamente, sollevato.
«Troverete tutto nel cassetto della mia scrivania al secondo piano, entrate pure, è aperto. Io vi aspetto qui.»
“È interessante, sembra quasi che più ci si allontani dai grandi centri abitati e più indietro si torni nel tempo.” Molti dettagli avevano già catturato l’attenzione di Milena, una vera patita dell’architettura vintage, per quanto non disdegnasse le comodità e la modernità.
Tutto sembrava rimasto come all’epoca in cui venne costruita: il camino con canna fumaria esterna, il pozzo nel giardino, le veneziane in legno e perfino il particolare intonaco delle mura esterne, ormai in gran parte ricoperte d’edere e rampicanti, stimolavano in lei sensazioni di pace e spensieratezza. Il silenzio in cui si era immersa da quando aveva varcato quell’ingresso le fece dimenticare tutti i dispiaceri che riempivano la sua mente fino a poco tempo prima.
«Buon pomeriggio, signorina.» Una voce alle sue spalle la fece sobbalzare e, per poco, non lasciò cadere a terra il faldone di documenti che aveva con sé. Si voltò e trovò ad accoglierla il volto sorridente di un uomo di mezza età; aveva con lunghi capelli grigi pettinati all’indietro, era vestito semplicemente con una camicia candida e pulita e dei pantaloni color cachi e un paio di mocassini di camoscio. Aveva un volto cordiale e uno strano luccichio negli occhi.
«Immagino che sia la persona inviata dal nuovo proprietario… Sono Enzo Martini ma immagino che il suo studio l’avrà già informata a riguardo.»
Milena si riprese dallo spavento e faticò non poco per tenere assieme tutti i fogli nella cartellina sgualcita che li conteneva. Ricordava il nome del precedente proprietario della villa anche se non ne conosceva, l’aspetto.
«Sì, certamente! Io sono Milena Lazzarini dello Studio Algheri.»
Si sedettero su una panchina di legno ancora in buono stato e Milena iniziò a spiegare brevemente le fasi procedurali per la cessione della villa. L’uomo però sembrava assorto e disinteressato alla conversazione.
«Quindi la mia villa diventerà un… Bed and Breakfast? Una specie di hotel a basso costo?»
Sospirò, poi si rivolse alla giovane: «Signorina, sarò franco e credo che lei mi comprenderà: penso che questa casa meriti molto di più, una seconda possibilità di essere vissuta come una magione degna di proprietari rispettosi della sua storia.» Fissò gli occhi verdi della giovane offrendole un lieve sorriso. Milena si sentiva a disagio e non proferì verbo, rimanendo ad ascoltare.
«Questa casa ha una storia ben più importante di quanto si pensi. È stata un rifugio per nobili decaduti, ricchi proprietari terrieri che hanno dato lavoro a molti braccianti, contribuito a far crescere la ricchezza delle comunità circostanti e, infine, anche a proteggere molte vite in anni molto più bui di questi.»
Milena ascoltava con attenzione e nel frattempo fissava la forma dell’edificio, i tetti spioventi con tegole datate ma in perfette condizioni malgrado l’età, godeva della pace e della quiete di quel luogo e per un istante si sentì parte di un mondo lontanissimo.
Poi tornò alla realtà, ricordò le sue difficoltà nel trovare un buon impiego, le vessazioni nell’ufficio ad opera dei superiori che le affibbiavano compiti insulsi e gravosi. Poi ritrovò quel volto, anziano ma sorridente e comprensivo. “Sì, anche io, come questa casa, merito di più.”
«Ascolti, non le prometto nulla, ma posso sottoporre la questione a un mio compagno di studi e trovare una soluzione, potremmo bloccare tutto, trovare un altro acquirente… Avete con voi i documenti catastali dell’edificio?»
L’uomo sorrise più apertamente, sollevato.
«Troverete tutto nel cassetto della mia scrivania al secondo piano, entrate pure, è aperto. Io vi aspetto qui.»
Milena si congedò ringraziando e varcò la soglia.
Una miriade di pensieri vorticavano nella sua mente e immaginava tutto ciò che poteva essere accaduto tra quelle mura: attraversando l’ampio salone, coi mobili avvolti in tele per proteggerli dalla polvere, immaginò le tavolate con tanti parenti per chissà quale ricorrenza; le scale che portavano ai lavatoi interni e alle cantine le fecero pensare a tutti i rifugiati delle cittadine vicine che avevano trovato riparo durante la guerra; lo studio al piano superiore doveva essere appartenuto a un avvocato o imprenditore o magari di un semplice scrittore, era la stanza in condizioni migliori, al cui centro si trovava un elegantissimo scrittoio in radica, privo di crepe o buchi di tarli.
La ragazza aprì il cassetto centrale e trovò un faldone ancora più vecchio del suo, eppure più robusto. Sfogliò brevemente i fogli e constatò che era ciò che cercava. Lo sguardo le si posò su una cornice sul fondo del cassetto e la prese. Il cuore le balzò in gola quando vide la foto che conteneva: era in bianco e nero e il tempo l’aveva sbiadita ma i volti erano ancora nitidi e riconobbe in una delle persone che ritraevano il signor Martini! La data in calce alla foto era ventotto ottobre 1893.
Senza pensarci due volte, prese tutto e scese le scale per poi uscire di casa. Aveva il fiatone per la polvere che aveva respirato o forse per la tensione.
Cercò il signor Martini, anche chiamandolo a gran voce ma il giardino era deserto e nessuno rispondeva. Lo squillo del suo cellulare spezzò la catena di pensieri impossibili in cui si stava immergendo: era il suo capo, il Dottor Algheri.
«Pronto, Milena, finalmente ti ho ribeccata, il tuo cellulare non riceveva, è da mezz’ora che sto provando a chiamarti.»
“Logico, in aperta campagna probabilmente non c’era campo a sufficienza” Pensò Milena. Il tono della sua voce però era molto allarmato.
«Mi scusi, capo, ma stavo parlando con il cliente e probabilmente non ho sentito arrivare gli avvisi di chiamata. Che succede?»
La voce del dottor Algheri si fece ancor più spazientita: «Ma che caspita dici? Ho parlato con il Dottor Martini dieci minuti fa, ha detto che non riesce a raggiungerti in tempo perché è imbottigliato nel traffico serale. Con chi hai parlato finora? Col giardiniere?» Milena provò a farfugliare delle scuse ma l’interlocutore le sbatté il telefono in faccia.
«Un bel caratterino quel tipo, eh?»
Milena sobbalzò nuovamente e stavolta fece cadere parecchi fogli a terra. Si voltò e trovò un altro uomo alle sue spalle. Era più giovane ma alcuni lineamenti le risultavano familiari. Era decisamente alto, capelli leggermente lunghi e di colore castano chiaro, aveva le spalle larghe e insossava un completo di alta sartoria.
Facendole un caldo sorrise disse: «Le chiedo scusa per il ritardo, purtroppo c’era un incidente e queste stradine sono un vero inferno. Sono il dottor Martini, proprietario della villa.»
L’uomo la aiutò a raccogliere le carte e trovò la foto sbiadita. «E questa? Dove l’ha trovata?» chiese con un tono di voce sorpreso.
Milena gli spiegò che aveva trovato la porta aperta e che, ispezionando l’interno, aveva trovato i documenti e la foto.
«Evidentemente uno degli operai deve aver dimenticato di chiudere la porta, poi me la vedrò io con lui…» L’uomo fissava quella fotografia aggrottando le sopracciglia. Milena notava enormi somiglianze con la persona raffigurata in essa, quella che aveva incontrato, e non resistette a chiedere: «Perché è così importante quella foto? Chi sono le persone in posa?»
L’uomo la fissò, lo sguardo lievemente raddolcito seppur privo di sorriso.
«Sono i miei nonni. Mia nonna tiene in braccio mio padre. Hanno costruito loro questa casa. Io però ormai vivo in città, e non saprei che farmene, per questo ho deciso di venderla. Eppure… Non sono convinto di fare la cosa giusta.»
Milena lo vide rigirarsi la foto tra le dita tremolanti. Le parole dell’uomo che aveva conosciuto pochi minuti prima riecheggiavano nella sua mente. «Forse… un mio amico potrebbe aiutarla a prendere la decisione più giusta. Forse questa casa merita molto di più.» gli disse con tono pacato.
Lo sguardo dell’uomo si illuminò a quelle parole. Milena gli spiegò che si poteva riportare la casa al suo antico splendore, si poteva renderla un luogo degno di chi l’aveva progettata, costruita e vissuta.
Il Dottor Martini la guardò dritto negli occhi, ascoltando ogni parola con attenzione e accettando i suggerimenti che gli stava dando. Dopo un attimo di silenzio, le regalò un sorriso aperto e genuino che le fece sobbalzare il cuore.
«Credo proprio che accetterò il suo consiglio, ma vorrei che fosse esclusivamente lei ad occuparsi di tutto. Pensa che sarebbe possibile?» La ragazza rifletté per un attimo, e poi accettò con trasporto e un pizzico di timore.
Prima di salutarsi si accordarono per vedersi il giorno dopo, avrebbero pranzato insieme per parlare del progetto e, forse, tra loro sarebbe potuta nascere una bella amicizia.
La ragazza si diresse alla sua macchina e lanciò un ultimo sguardo a quella magnifica villa; il buio la stava lentamente inghiottendo e una leggera foschia rendeva il luogo ancora più suggestivo. Improvvisamente, le sembrò di scorgere una figura affacciata alla finestra dello studio, una persona con una linda camicia bianca che la salutava con la mano. Eleonora sorrise, pensando allo straordinario incontro che aveva avuto, in un luogo appartenente a un’epoca ormai lontana.
Dopo aver messo in moto la macchina, si diresse verso casa e una strana sensazione le suggerì che quella villa sarebbe diventata, anche per lei, un luogo speciale.
Una miriade di pensieri vorticavano nella sua mente e immaginava tutto ciò che poteva essere accaduto tra quelle mura: attraversando l’ampio salone, coi mobili avvolti in tele per proteggerli dalla polvere, immaginò le tavolate con tanti parenti per chissà quale ricorrenza; le scale che portavano ai lavatoi interni e alle cantine le fecero pensare a tutti i rifugiati delle cittadine vicine che avevano trovato riparo durante la guerra; lo studio al piano superiore doveva essere appartenuto a un avvocato o imprenditore o magari di un semplice scrittore, era la stanza in condizioni migliori, al cui centro si trovava un elegantissimo scrittoio in radica, privo di crepe o buchi di tarli.
La ragazza aprì il cassetto centrale e trovò un faldone ancora più vecchio del suo, eppure più robusto. Sfogliò brevemente i fogli e constatò che era ciò che cercava. Lo sguardo le si posò su una cornice sul fondo del cassetto e la prese. Il cuore le balzò in gola quando vide la foto che conteneva: era in bianco e nero e il tempo l’aveva sbiadita ma i volti erano ancora nitidi e riconobbe in una delle persone che ritraevano il signor Martini! La data in calce alla foto era ventotto ottobre 1893.
Senza pensarci due volte, prese tutto e scese le scale per poi uscire di casa. Aveva il fiatone per la polvere che aveva respirato o forse per la tensione.
Cercò il signor Martini, anche chiamandolo a gran voce ma il giardino era deserto e nessuno rispondeva. Lo squillo del suo cellulare spezzò la catena di pensieri impossibili in cui si stava immergendo: era il suo capo, il Dottor Algheri.
«Pronto, Milena, finalmente ti ho ribeccata, il tuo cellulare non riceveva, è da mezz’ora che sto provando a chiamarti.»
“Logico, in aperta campagna probabilmente non c’era campo a sufficienza” Pensò Milena. Il tono della sua voce però era molto allarmato.
«Mi scusi, capo, ma stavo parlando con il cliente e probabilmente non ho sentito arrivare gli avvisi di chiamata. Che succede?»
La voce del dottor Algheri si fece ancor più spazientita: «Ma che caspita dici? Ho parlato con il Dottor Martini dieci minuti fa, ha detto che non riesce a raggiungerti in tempo perché è imbottigliato nel traffico serale. Con chi hai parlato finora? Col giardiniere?» Milena provò a farfugliare delle scuse ma l’interlocutore le sbatté il telefono in faccia.
«Un bel caratterino quel tipo, eh?»
Milena sobbalzò nuovamente e stavolta fece cadere parecchi fogli a terra. Si voltò e trovò un altro uomo alle sue spalle. Era più giovane ma alcuni lineamenti le risultavano familiari. Era decisamente alto, capelli leggermente lunghi e di colore castano chiaro, aveva le spalle larghe e insossava un completo di alta sartoria.
Facendole un caldo sorrise disse: «Le chiedo scusa per il ritardo, purtroppo c’era un incidente e queste stradine sono un vero inferno. Sono il dottor Martini, proprietario della villa.»
L’uomo la aiutò a raccogliere le carte e trovò la foto sbiadita. «E questa? Dove l’ha trovata?» chiese con un tono di voce sorpreso.
Milena gli spiegò che aveva trovato la porta aperta e che, ispezionando l’interno, aveva trovato i documenti e la foto.
«Evidentemente uno degli operai deve aver dimenticato di chiudere la porta, poi me la vedrò io con lui…» L’uomo fissava quella fotografia aggrottando le sopracciglia. Milena notava enormi somiglianze con la persona raffigurata in essa, quella che aveva incontrato, e non resistette a chiedere: «Perché è così importante quella foto? Chi sono le persone in posa?»
L’uomo la fissò, lo sguardo lievemente raddolcito seppur privo di sorriso.
«Sono i miei nonni. Mia nonna tiene in braccio mio padre. Hanno costruito loro questa casa. Io però ormai vivo in città, e non saprei che farmene, per questo ho deciso di venderla. Eppure… Non sono convinto di fare la cosa giusta.»
Milena lo vide rigirarsi la foto tra le dita tremolanti. Le parole dell’uomo che aveva conosciuto pochi minuti prima riecheggiavano nella sua mente. «Forse… un mio amico potrebbe aiutarla a prendere la decisione più giusta. Forse questa casa merita molto di più.» gli disse con tono pacato.
Lo sguardo dell’uomo si illuminò a quelle parole. Milena gli spiegò che si poteva riportare la casa al suo antico splendore, si poteva renderla un luogo degno di chi l’aveva progettata, costruita e vissuta.
Il Dottor Martini la guardò dritto negli occhi, ascoltando ogni parola con attenzione e accettando i suggerimenti che gli stava dando. Dopo un attimo di silenzio, le regalò un sorriso aperto e genuino che le fece sobbalzare il cuore.
«Credo proprio che accetterò il suo consiglio, ma vorrei che fosse esclusivamente lei ad occuparsi di tutto. Pensa che sarebbe possibile?» La ragazza rifletté per un attimo, e poi accettò con trasporto e un pizzico di timore.
Prima di salutarsi si accordarono per vedersi il giorno dopo, avrebbero pranzato insieme per parlare del progetto e, forse, tra loro sarebbe potuta nascere una bella amicizia.
La ragazza si diresse alla sua macchina e lanciò un ultimo sguardo a quella magnifica villa; il buio la stava lentamente inghiottendo e una leggera foschia rendeva il luogo ancora più suggestivo. Improvvisamente, le sembrò di scorgere una figura affacciata alla finestra dello studio, una persona con una linda camicia bianca che la salutava con la mano. Eleonora sorrise, pensando allo straordinario incontro che aveva avuto, in un luogo appartenente a un’epoca ormai lontana.
Dopo aver messo in moto la macchina, si diresse verso casa e una strana sensazione le suggerì che quella villa sarebbe diventata, anche per lei, un luogo speciale.
Ma Catia che bello! Come sai ero curiosissima di leggerti per la prima volta, avevo aspettative altissime che non hai per niente deluso, anzi sei stata bravissima in poco tempo a creare una storia breve degna di nota. Mi è piaciuta quest'ambientazione che hai creato, il mistero e la promessa di un futuro migliore.
RispondiEliminaHo trovato una ripetizione soltanto ma penso che come tua prima prova sia stata bravissima e aspetto di leggerti ancora
Ciao Catia! Innanzitutto benvenuta, "Welcome to the jungle" del nostro gruppo di scrittura! Spero tanto che ti divertirai :-)
RispondiEliminaLa tua storia è perfetta per il periodo di Halloween: l'ambientazione diroccata e l'incontro con quello che è di fatto uno spirito creano proprio l'atmosfera giusta. Mi è però sembrato di capire che il fine ultimo della tua narrazione non fosse solo raccontare una storia spooky, bensì immaginare una nuova vita per una vecchia casa piena di storia, che merita una seconda opportunità. Da amante del vintage, specie in materia di case e di arredamento, non posso che concordare con questo messaggio! :-)
Anche la forma mi è piaciuta, scorrevole e corretta. Forse darei un'occhiata alle virgole della parte iniziale (specie una che è tra soggetto e verbo, di solito le faccio togliere ai miei studentelli), ma per il resto va tutto più che bene!
Complimenti per aver "rotto il ghiaccio", alla prossima!
Ciao Catia <3 Sai che, quando ho scoperto nutrissi una grande passione anche per la scrittura, ho pensato all'enorme coincidenza dell'avere praticamente i medesimi interessi? Ora, col senno di poi, sono pure più contenta di averti conosciuta e, per questo, devo davvero ringraziare la mia buona stella -di solito non è così carina con la sottoscritta ahah- per aver avuto quest'occasione importantissima nel mio percorso sia di bookblogger sia di persona!
RispondiEliminaComunque, torniamo a noi e al topic della mia capatina sul tuo rifugio letterario. Allora, devo ammetterlo, la tua prima esperienza con "Storytelling Chronicles" parte con la quinta marcia già innescata. L'ambientazione spaziale spettrale, dopotutto, c'è e si nota fin da subito :3 L'idea che hai avuto è molto carina e quella sorta di risvolto "magico" -confesso, ne vorrei leggere ancora! Seguitino in vista, vero? Ahahah- è stata la ciliegina sulla torta :D Mi hai messo addosso una curiosità che devi promettere di sanare, un giorno o l'altro, se non con il prosieguo almeno con un racconto inerente al presente ;)
Forse l'unico aspetto "negativo" -non preoccuparti, è una sciocchezza eh- è qualche parola ripetuta! Ti consiglio di far rileggere i tuoi scritti a qualcuno di esterno... In fin dei conti, quando conosci bene una storia in quanto sua autrice, è bene assegnare un simile compito a un individuo diverso da sé, qualora si volesse essere certi che tali dettagli vengano notati prima della pubblicazione :) Io lo faccio sempre e mi aiuta moltissimo a identificare mancanze e banalità che mi sfuggono! ^_^
P.S.: Ovviamente, benvenuta fra noi scrittrici in erba e non :3 Spero che questo appuntamento mensile sia sempre di tuo gradimento e ti permetta di divertirti un po', scrivendo e scambiando feedback sulle varie storie in "gioco" :D Avendo cominciato già alla grande, sono sicura continuerai così senza alcun problema ;) :*
Ciao Catia e benvenuta tra noi in quest'avventura che è la rubrica ideata da Lara, è un vero piacere averti a bordo! Ero super curiosa di leggere la storia che avresti proposto e mi sono trovata davanti uno scritto molto carino, in cui sicuramente la tematica del mese è rispettata e che è riuscito anche a tenermi incollata dall'inizio alla fine alla lettura. Trovo molto ben sviluppato il tutto; la scelta di dare alla storia un lieto fine e il significato che hai nascosto tra le righe, ovvero quanto sia importante dare lustro al passato invece che accantonarlo come un qualcosa di noioso e senza possibilità di trovargli nuove applicazioni prima di disfarsene, è stata davvero una bella idea per lo sviluppo di questo tuo scritto. Tuttavia, non posso non evidenziare, come hanno già sottolineato anche le altre, alcune ripetizioni che hanno un po' appesantito la lettura e la presenza di qualche virgola di troppo che, soprattutto tra soggetto e verbo, ha rovinato qualche frase. Attenta poi anche alla fine: nella quartultima riga, Milena diventa Eleonora... A parte queste piccolezze, che sono sicura la prossima volta avrai già risolto, il tuo scritto è molto buono e non vedo l'ora di rileggerti in un nuovo appuntamento della rubrica! A presto, Stephi
RispondiEliminaCiao. Benvenuta a questa rubrica.
RispondiEliminaHo apprezzato il tuo breve racconto e sarei curiosa di conoscere di più sulla protagonista e sulla casa e la sua storia.
L’ambientazione, inizialmente da pomeriggio caldo dell’autunno, è diventata più spettrale dopo l’incontro con il misterioso uomo e soprattutto dopo aver visto la foto.
Si è sentito il cambio di atmosfera, anche se i personaggi si trovavano nello stesso posto di prima.
Avrei solo un paio di dettagli da far notare: Il signor Martini manda la protagonista a prendere i documenti dalla scrivania. Pare strano, perché lei è pur sempre un’ospite ed entrare in casa in quel modo, senza essere accompagnata sembra un po’ forzato. La seconda cosa sono gli anni e i tempi. La foto porta la data 1893 e il dottor Martini (chiaramente giovane) afferma che nella foto ci sono i suoi nonni e suo padre piccolo. Se suo padre fosse nato nel 1892 o 1893 e avesse avuto il figlio a 30 anni, il dottor Martini sarebbe nato indicativamente nel 1923 e quindi avrebbe 100 anni, mentre dalla descrizione penso abbia sulla trentina. Quindi c’è un’incongruenza, che si può correggere senza problemi :)
A presto
Ciao, Catia.
RispondiEliminaBenvenuta anche da parte mia!
Mi è piaciuta molto la tua prima storia. Hai dato il giusto tocco di mistero e hai inserito molti elementi che hanno saputo intrigare e affascinare.
Mi sono ritrovata immersa nella narrazione e curiosa di scoprire come sarebbe andata a finire.
Molto bello.
Catia ma che meraviglia. Bellissimo e originale. Scrivi davvero bene. Silvia di Silvia tra le righe
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