Buon martedì Booklovers.
Appuntamento con Storytelling Chronicles, la rubrica a cadenza mensile ideata da La Nicchia Letteraria, dove, ogni mese, i blog partecipanti, scrivono un racconto su un tema scelto dal gruppo.
Appuntamento con Storytelling Chronicles, la rubrica a cadenza mensile ideata da La Nicchia Letteraria, dove, ogni mese, i blog partecipanti, scrivono un racconto su un tema scelto dal gruppo.
Oggi il blog ospita il racconto nato dalla penna di un mio carissimo amico, conosciuto sul web come Angelo Nero, intitolato Il coraggio di una scelta.
Un tuono lontano, fu questo il rumore che lo destò da un sonno durato chissà quante ore.
Ciò che era veramente strano è che si ritrovò già in piedi, non disteso nel suo letto. Ma aveva un letto? Una casa? Un luogo dove vivere? Chi era, realmente? Non lo ricordava più.
Ciò che era veramente strano è che si ritrovò già in piedi, non disteso nel suo letto. Ma aveva un letto? Una casa? Un luogo dove vivere? Chi era, realmente? Non lo ricordava più.
Provò ad aprire gli occhi, ma non vedeva nulla, come se le sue palpebre fossero serrate. Si sfiorò il viso, non avvertì nulla, annaspò con le mani in cerca di un appiglio ma non riusciva neanche a capire se stesse camminando o nuotando, eppure quella innaturale sensazione non gli incuteva ansia o paura. Davanti a lui si schiuse un uscio e dall’altro lato apparve un uomo di mezza età, privo di capelli, in un completo grigio e un soprabito scuro. Non vedeva null’altro che quella persona. L’uomo gli sorrise ma non proferì verbo, gli fece cenno di entrare nella stanza, facendogli spazio ed aprendo completamente il portone.
Il corridoio era illuminato da molti candelabri, fissati alle pareti; le fiammelle delle candele erano immobili, come se fossero congelate in un luogo privo d’aria, nulla le turbava, sembravano foglie dorate e brillanti. Il pavimento era formato da lastre di marmo grigio e il soffitto era a volta, tutta la galleria era priva di decorazioni.
In quell’ambiente muoversi era stranamente facile, per nulla faticoso, neanche avvertiva il movimento delle proprie gambe, gli era sufficiente pensare di raggiungere la fine del corridoio e in pochi secondi arrivò a una nuova stanza. Il salone era molto più arredato: c’erano alte librerie ricolme di volumi, scaffali con strani manufatti, tra cui una bilancia basculante, clessidre, delle lame a mezzaluna, un quadro raffigurante un paesaggio all’alba, o al tramonto; al centro della sala circolare, si trovava una larga scrivania, piena di pesanti tomi e un lume a petrolio. Seduta dietro di essa, si trovava una donna; i capelli color argento le coprivano il viso e vestiva un completo simile a quello dell’uomo che aveva incontrato all’ingresso, con un curioso medaglione a forma di serpente che si mordeva la coda. La donna era intenta a redigere un documento, impugnava una piuma candida come la neve, la cui punta sembrava vergare la carta senza bisogno d’inchiostro. Evidentemente, si accorse dell’arrivo del suo ospite senza bisogno di alzare la testa dal foglio. Una voce dal suono di mille tonalità pronunciò una sola parola, con tono deciso. «Siediti.»
Il corridoio era illuminato da molti candelabri, fissati alle pareti; le fiammelle delle candele erano immobili, come se fossero congelate in un luogo privo d’aria, nulla le turbava, sembravano foglie dorate e brillanti. Il pavimento era formato da lastre di marmo grigio e il soffitto era a volta, tutta la galleria era priva di decorazioni.
In quell’ambiente muoversi era stranamente facile, per nulla faticoso, neanche avvertiva il movimento delle proprie gambe, gli era sufficiente pensare di raggiungere la fine del corridoio e in pochi secondi arrivò a una nuova stanza. Il salone era molto più arredato: c’erano alte librerie ricolme di volumi, scaffali con strani manufatti, tra cui una bilancia basculante, clessidre, delle lame a mezzaluna, un quadro raffigurante un paesaggio all’alba, o al tramonto; al centro della sala circolare, si trovava una larga scrivania, piena di pesanti tomi e un lume a petrolio. Seduta dietro di essa, si trovava una donna; i capelli color argento le coprivano il viso e vestiva un completo simile a quello dell’uomo che aveva incontrato all’ingresso, con un curioso medaglione a forma di serpente che si mordeva la coda. La donna era intenta a redigere un documento, impugnava una piuma candida come la neve, la cui punta sembrava vergare la carta senza bisogno d’inchiostro. Evidentemente, si accorse dell’arrivo del suo ospite senza bisogno di alzare la testa dal foglio. Una voce dal suono di mille tonalità pronunciò una sola parola, con tono deciso. «Siediti.»
Il nuovo arrivato non esitò un istante a prendere posto su una sedia di fronte la scrivania, in quell’istante si accorse di avere delle gambe e una schiena. Ora poteva scorgere con più chiarezza i lineamenti della donna che aveva di fronte. Aveva la pelle pallida, quasi perlacea, alcune rughe solcavano gli angoli delle labbra, violacee e sottili.
La donna posò la piuma sul tavolo e spostò il foglio che aveva compilato in un mucchio e ne prese un altro. Sollevò lo sguardo verso di lui il quale si trovò fissato da due occhi grigi e penetranti. I capelli argentei della donna sembravano galleggiare come se fossero immersi nell’acqua e mandavano dei tenui riflessi alla luce delle candele.
«Parla, giovane uomo. Perché sei qui?»
L’uomo si schiarì la voce, ritrovando la capacità di respirare, anche se non sembrava averne bisogno. «Io… Dove sono, esattamente? Ero nel buio e quel tuono, un suono assordante… E poi mi sono risvegliato e mi sono trovato qui.» disse, guardandosi attorno e accorgendosi che l’individuo che gli aveva aperto il portone lo aveva seguito, posizionandosi alle sue spalle, immobile e silenzioso.
La donna arricciò un labbro, lievemente infastidita. «È successo troppo all’improvviso, il Passaggio ti ha sconvolto, ti ha ridotto in pezzi. Ciò che eri non esiste più, alcune cose sono recuperabili però. Difatti, non saresti qui, altrimenti.» L’uomo inclinò lievemente la testa e la guardò perplesso. «Perché? Cosa mi è successo, realmente?»
La donna fece un rapido cenno con la mano e lo sconosciuto all’entrata si mosse lesto per andare a prendere un ampio specchio da parete e si avvicinò all’uomo, con un tenue e gentile sorriso.
Nel riflesso apparve il viso di un giovane, non doveva avere neanche trent’anni, capelli corti e ben pettinati, vestiva con una giacca scura con delle mostrine sul colletto.
Da dietro la scrivania, la donna osservava la scena con poco interesse. Poi impugnò la piuma e iniziò a scrivere qualcosa sul candido foglio. «I ricordi riaffioreranno lentamente, man mano che resterai qui i tuoi frammenti ritroveranno la strada. Ora pensa al tuo primo ricordo, cosa ti viene in mente? Scegli.»
Il giovane venne preso alla sprovvista, distolse lo sguardo dalla sua immagine allo specchio e si volse di nuovo verso quel pallido volto. «Ricordo… una casa confortevole, una famiglia felice, ero il primogenito. Ricordo le difficoltà economiche, il dolore e le gioie di una fanciullezza non agiata ma tranquilla. Ricordo un altro parente, mi ha procurato un lavoro. Poi…» La donna alzò una mano mentre con l’altra prendeva rapidamente appunti, il giovane smise di parlare «Basta così. Ora ritrova l’ultimo ricordo, uniamo i due capi del filo.»
Il ragazzo era visibilmente confuso ma quella voce decisa e dal suono profondo che riecheggiava nella sala lo metteva in profonda soggezione, come se fosse davanti a un Giudizio.
«Sento una forte sensazione di fatica, ricordo l’odore di bruciato e di pioggia, sento la sensazione di sporco e bagnato ovunque, sudore, fame. Sto scavando nella terra ma… non ricordo, non ricordo il perché…!» Si prese la testa tra le mani e iniziò a tremare. «Un tuono, più tuoni, tanti rumori assordanti e alla fine l’ultimo, il peggiore, quello che mi ha fatto svegliare… Che incubo, che incubo è mai questo?»
Sentì una mano sulla spalla, era quella dell’uomo calvo e sorridente. Era una mano calda e dalla presa solida. Come quella di suo padre.
La donna, nel frattempo, aveva smesso di scrivere e lo scrutava con occhi gelidi che sembravano privi di luce vitale. Era come fissare un’immensa oscurità. La sua argentea capigliatura sembrò illuminarsi maggiormente.
«Hai ritrovato la sensazione di paura e sconforto, ti stai riappropriando di ciò che avevi, pezzo dopo pezzo. Questo processo non sempre è piacevole ma necessario per quanto deve compiersi a breve. Tuttavia, non è quello che ti avevo chiesto, non è quello il tuo ultimo ricordo, sebbene ne faccia parte. Ricorda il momento che ha cambiato la tua esistenza, ora.»
Il tono di quella voce non era propriamente perentorio, né di comando. Era come se attraverso quelle parole, il giovane trovasse la via nell’oscurità che portava ai suoi ricordi, come se fosse tenuto per mano e condotto in un buio labirinto. Quella donna non lo stava giudicando, lo stava aiutando.
«Un giorno, venne la guerra, di nuovo, come disse mio padre; lui aveva già combattuto una grande e sanguinosa guerra. Io non volevo uccidere altri uomini, volevo difendere la mia gente. Mio padre mi rassicurò, fece delle raccomandazioni di qualche genere, ma non le rammento.» Il giovane si interruppe, sentiva un forte peso sul petto. «Tutto ciò che avvenne in quegli anni era assurdo… gli amici divennero nemici e i nemici nostri liberatori. Io ero al comando in qualità di sottufficiale in sostituzione del maresciallo… e ci fu uno di quei tuoni. Uno di loro finì ucciso, tutti gli altri si infuriarono. Io sapevo quello che era successo, solo un incidente, solo un incidente…» La voce del giovane iniziò a tremolare, man mano che tutti i frammenti di ricordi tornavano al suo posto, dapprima i più piccoli e insignificanti, poi quelli più grandi, dolorosi e importanti.
«Perché loro erano arrabbiati? Che successe poi?» Il tono della donna sembrava disinteressato ma le parole che scriveva sul foglio crescevano sempre più e rapida la sua mano scorreva sulla carta.
«Accusarono delle persone, volevano a tutti i costi un colpevole, non volevano sentire ragioni. Le loro urla, insulti, ferivano come lame. La situazione precipitò velocemente. Oltre a me arrestarono una ventina di persone. Ci fu un interrogatorio, giusto per dare una parvenza di giustizia…» Il ragazzo fissò la vecchia bilancia su uno scaffale; seppur un curioso elemento d’arredo, rappresentava un’idea di equità suprema, ai suoi occhi.
«Continua. Cosa avvenne dopo? Il filo si sta ricongiungendo.» La donna smise nuovamente di scrivere. Il foglio era ormai colmo di caratteri.
Le mani del giovane si giunsero in preghiera e chinò il capo. «Non credettero a una sola parola. Stavano cercando dei membri della Resistenza ma non erano lì, non c’erano in quel villaggio, maledizione… Ci obbligarono a scavare, una enorme fossa. Coi fucili puntati tra lamenti e imprecazioni non potemmo che obbedire. Fu allora che successe…»
«Sì? Cosa successe? Ora ricordi tutto, vero?»
Il ragazzo si alzò dalla sedia, rimase a schiena dritta, con le mani dietro la schiena, a testa alta. La sua voce perse ogni timore, il suo vacuo respiro divenne regolare e il petto solido, gonfio di coraggio e orgoglio.
«Sì. So cosa successe. Gettai a terra la vanga e mi arrampicai fuori dalla fossa. Chiamai l’ufficiale in comando, mi dichiarai colpevole di tutte le accuse. Colpevole di aver manomesso gli esplosivi, di aver ucciso due soldati e ferito altri due, di aver agito da solo. Ricordo lo sguardo deciso dell’ufficiale straniero che mi chiese se fossi sicuro e risposi fermamente di sì. Gli abitanti della cittadina vennero rilasciati, li vidi allontanarsi dal villaggio e infine… Quella raffica di tuoni, il dolore al petto. E l’ultimo il più fragoroso che mi scaraventò nelle tenebre.»
Il giovane esalò un profondo respiro. Quel peso sul petto era scomparso. Era sorridente, sereno, quasi felice. Aveva in volto i connotati della fierezza e dell’orgoglio di quell’estremo sacrificio.
«Bene, direi che è tutto. Passiamo ad altro. La tua vita precedente è conclusa, presto potrai iniziare la tua nuova esistenza. Oltre la porta alle mie spalle, troverai la via per uscire da qui. Scegli e scrivi su questo foglio il tuo nuovo destino.» Girò il foglio e lo porse al giovane, insieme alla piuma. Questi non esitò un istante e vergò quelle fatali parole in calce, insieme alla sua firma, il nome della sua vita passata.
La donna prese il foglio e lo lesse. Un tenue sorriso le attraversò il volto, distendendo una ruga, rendendo il suo aspetto un po’ più giovane. La sua voce divenne più tenue e rilassata. «Sei sicuro? Puoi decidere di diventare chiunque, puoi scrivere il tuo destino futuro, qui. Perché hai fatto questa scelta?» Ma la donna sapeva già quella risposta, vide in lui la stessa fermezza d’animo che aveva condotto quel giovane soldato al plotone d’esecuzione. Difatti la risposta che ricevette confermò la sua intuizione.
«Grigia Signora, poiché è ovvio che sto parlando con la Morte, io non ho paura di ripetere le mie scelte e le ripeterò cento volte se è necessario, così da salvare altre cento vite. Non ho paura.»
La donna annuì leggermente ma non rispose. Si volse verso l’uomo calvo e con un rapido cenno delle dita, li congedò.
«Vieni, ragazzo, ti accompagno.» L’uomo prese il giovane sottobraccio e lo condusse nel prossimo corridoio. «Sinceramente sono felice della tua scelta, non capita sovente di trovare un’anima così coraggiosa ed altruista da queste parti. Penso tu sia uno che mi rende fiero del mio incarico.»
«Come detto, buon uomo, è solo questione di fare la cosa giusta, non potevo permettere quell’eccidio. E anche i tedeschi sapevano che ero innocente. Molti mancarono il bersaglio, altri mi ferirono alle gambe. Non se la sentirono di uccidermi a sangue freddo.» disse, mentre attraversavano un corridoio simile al precedente. Giunti alla fine e in procinto di attraversare l’ultima porta, il ragazzo fissò l’uomo e gli pose un’ultima domanda. «Se lei era la Morte, tu devi essere… chi penso tu sia?»
L’uomo sorrise, stringendosi nelle spalle. «be’, so cosa pensi, e no. Non sono Lui. Io sono l’altra metà del destino. Dove c’è la Morte, c’è la Rinascita, ed è per questo che ti ho condotto qui. Varcata questa soglia, tornerai alla tua nascita. Hai scelto di rivivere la tua intera esistenza passata. Sii fiero di ciò che hai fatto e farai. Addio.»
La donna posò la piuma sul tavolo e spostò il foglio che aveva compilato in un mucchio e ne prese un altro. Sollevò lo sguardo verso di lui il quale si trovò fissato da due occhi grigi e penetranti. I capelli argentei della donna sembravano galleggiare come se fossero immersi nell’acqua e mandavano dei tenui riflessi alla luce delle candele.
«Parla, giovane uomo. Perché sei qui?»
L’uomo si schiarì la voce, ritrovando la capacità di respirare, anche se non sembrava averne bisogno. «Io… Dove sono, esattamente? Ero nel buio e quel tuono, un suono assordante… E poi mi sono risvegliato e mi sono trovato qui.» disse, guardandosi attorno e accorgendosi che l’individuo che gli aveva aperto il portone lo aveva seguito, posizionandosi alle sue spalle, immobile e silenzioso.
La donna arricciò un labbro, lievemente infastidita. «È successo troppo all’improvviso, il Passaggio ti ha sconvolto, ti ha ridotto in pezzi. Ciò che eri non esiste più, alcune cose sono recuperabili però. Difatti, non saresti qui, altrimenti.» L’uomo inclinò lievemente la testa e la guardò perplesso. «Perché? Cosa mi è successo, realmente?»
La donna fece un rapido cenno con la mano e lo sconosciuto all’entrata si mosse lesto per andare a prendere un ampio specchio da parete e si avvicinò all’uomo, con un tenue e gentile sorriso.
Nel riflesso apparve il viso di un giovane, non doveva avere neanche trent’anni, capelli corti e ben pettinati, vestiva con una giacca scura con delle mostrine sul colletto.
Da dietro la scrivania, la donna osservava la scena con poco interesse. Poi impugnò la piuma e iniziò a scrivere qualcosa sul candido foglio. «I ricordi riaffioreranno lentamente, man mano che resterai qui i tuoi frammenti ritroveranno la strada. Ora pensa al tuo primo ricordo, cosa ti viene in mente? Scegli.»
Il giovane venne preso alla sprovvista, distolse lo sguardo dalla sua immagine allo specchio e si volse di nuovo verso quel pallido volto. «Ricordo… una casa confortevole, una famiglia felice, ero il primogenito. Ricordo le difficoltà economiche, il dolore e le gioie di una fanciullezza non agiata ma tranquilla. Ricordo un altro parente, mi ha procurato un lavoro. Poi…» La donna alzò una mano mentre con l’altra prendeva rapidamente appunti, il giovane smise di parlare «Basta così. Ora ritrova l’ultimo ricordo, uniamo i due capi del filo.»
Il ragazzo era visibilmente confuso ma quella voce decisa e dal suono profondo che riecheggiava nella sala lo metteva in profonda soggezione, come se fosse davanti a un Giudizio.
«Sento una forte sensazione di fatica, ricordo l’odore di bruciato e di pioggia, sento la sensazione di sporco e bagnato ovunque, sudore, fame. Sto scavando nella terra ma… non ricordo, non ricordo il perché…!» Si prese la testa tra le mani e iniziò a tremare. «Un tuono, più tuoni, tanti rumori assordanti e alla fine l’ultimo, il peggiore, quello che mi ha fatto svegliare… Che incubo, che incubo è mai questo?»
Sentì una mano sulla spalla, era quella dell’uomo calvo e sorridente. Era una mano calda e dalla presa solida. Come quella di suo padre.
La donna, nel frattempo, aveva smesso di scrivere e lo scrutava con occhi gelidi che sembravano privi di luce vitale. Era come fissare un’immensa oscurità. La sua argentea capigliatura sembrò illuminarsi maggiormente.
«Hai ritrovato la sensazione di paura e sconforto, ti stai riappropriando di ciò che avevi, pezzo dopo pezzo. Questo processo non sempre è piacevole ma necessario per quanto deve compiersi a breve. Tuttavia, non è quello che ti avevo chiesto, non è quello il tuo ultimo ricordo, sebbene ne faccia parte. Ricorda il momento che ha cambiato la tua esistenza, ora.»
Il tono di quella voce non era propriamente perentorio, né di comando. Era come se attraverso quelle parole, il giovane trovasse la via nell’oscurità che portava ai suoi ricordi, come se fosse tenuto per mano e condotto in un buio labirinto. Quella donna non lo stava giudicando, lo stava aiutando.
«Un giorno, venne la guerra, di nuovo, come disse mio padre; lui aveva già combattuto una grande e sanguinosa guerra. Io non volevo uccidere altri uomini, volevo difendere la mia gente. Mio padre mi rassicurò, fece delle raccomandazioni di qualche genere, ma non le rammento.» Il giovane si interruppe, sentiva un forte peso sul petto. «Tutto ciò che avvenne in quegli anni era assurdo… gli amici divennero nemici e i nemici nostri liberatori. Io ero al comando in qualità di sottufficiale in sostituzione del maresciallo… e ci fu uno di quei tuoni. Uno di loro finì ucciso, tutti gli altri si infuriarono. Io sapevo quello che era successo, solo un incidente, solo un incidente…» La voce del giovane iniziò a tremolare, man mano che tutti i frammenti di ricordi tornavano al suo posto, dapprima i più piccoli e insignificanti, poi quelli più grandi, dolorosi e importanti.
«Perché loro erano arrabbiati? Che successe poi?» Il tono della donna sembrava disinteressato ma le parole che scriveva sul foglio crescevano sempre più e rapida la sua mano scorreva sulla carta.
«Accusarono delle persone, volevano a tutti i costi un colpevole, non volevano sentire ragioni. Le loro urla, insulti, ferivano come lame. La situazione precipitò velocemente. Oltre a me arrestarono una ventina di persone. Ci fu un interrogatorio, giusto per dare una parvenza di giustizia…» Il ragazzo fissò la vecchia bilancia su uno scaffale; seppur un curioso elemento d’arredo, rappresentava un’idea di equità suprema, ai suoi occhi.
«Continua. Cosa avvenne dopo? Il filo si sta ricongiungendo.» La donna smise nuovamente di scrivere. Il foglio era ormai colmo di caratteri.
Le mani del giovane si giunsero in preghiera e chinò il capo. «Non credettero a una sola parola. Stavano cercando dei membri della Resistenza ma non erano lì, non c’erano in quel villaggio, maledizione… Ci obbligarono a scavare, una enorme fossa. Coi fucili puntati tra lamenti e imprecazioni non potemmo che obbedire. Fu allora che successe…»
«Sì? Cosa successe? Ora ricordi tutto, vero?»
Il ragazzo si alzò dalla sedia, rimase a schiena dritta, con le mani dietro la schiena, a testa alta. La sua voce perse ogni timore, il suo vacuo respiro divenne regolare e il petto solido, gonfio di coraggio e orgoglio.
«Sì. So cosa successe. Gettai a terra la vanga e mi arrampicai fuori dalla fossa. Chiamai l’ufficiale in comando, mi dichiarai colpevole di tutte le accuse. Colpevole di aver manomesso gli esplosivi, di aver ucciso due soldati e ferito altri due, di aver agito da solo. Ricordo lo sguardo deciso dell’ufficiale straniero che mi chiese se fossi sicuro e risposi fermamente di sì. Gli abitanti della cittadina vennero rilasciati, li vidi allontanarsi dal villaggio e infine… Quella raffica di tuoni, il dolore al petto. E l’ultimo il più fragoroso che mi scaraventò nelle tenebre.»
Il giovane esalò un profondo respiro. Quel peso sul petto era scomparso. Era sorridente, sereno, quasi felice. Aveva in volto i connotati della fierezza e dell’orgoglio di quell’estremo sacrificio.
«Bene, direi che è tutto. Passiamo ad altro. La tua vita precedente è conclusa, presto potrai iniziare la tua nuova esistenza. Oltre la porta alle mie spalle, troverai la via per uscire da qui. Scegli e scrivi su questo foglio il tuo nuovo destino.» Girò il foglio e lo porse al giovane, insieme alla piuma. Questi non esitò un istante e vergò quelle fatali parole in calce, insieme alla sua firma, il nome della sua vita passata.
La donna prese il foglio e lo lesse. Un tenue sorriso le attraversò il volto, distendendo una ruga, rendendo il suo aspetto un po’ più giovane. La sua voce divenne più tenue e rilassata. «Sei sicuro? Puoi decidere di diventare chiunque, puoi scrivere il tuo destino futuro, qui. Perché hai fatto questa scelta?» Ma la donna sapeva già quella risposta, vide in lui la stessa fermezza d’animo che aveva condotto quel giovane soldato al plotone d’esecuzione. Difatti la risposta che ricevette confermò la sua intuizione.
«Grigia Signora, poiché è ovvio che sto parlando con la Morte, io non ho paura di ripetere le mie scelte e le ripeterò cento volte se è necessario, così da salvare altre cento vite. Non ho paura.»
La donna annuì leggermente ma non rispose. Si volse verso l’uomo calvo e con un rapido cenno delle dita, li congedò.
«Vieni, ragazzo, ti accompagno.» L’uomo prese il giovane sottobraccio e lo condusse nel prossimo corridoio. «Sinceramente sono felice della tua scelta, non capita sovente di trovare un’anima così coraggiosa ed altruista da queste parti. Penso tu sia uno che mi rende fiero del mio incarico.»
«Come detto, buon uomo, è solo questione di fare la cosa giusta, non potevo permettere quell’eccidio. E anche i tedeschi sapevano che ero innocente. Molti mancarono il bersaglio, altri mi ferirono alle gambe. Non se la sentirono di uccidermi a sangue freddo.» disse, mentre attraversavano un corridoio simile al precedente. Giunti alla fine e in procinto di attraversare l’ultima porta, il ragazzo fissò l’uomo e gli pose un’ultima domanda. «Se lei era la Morte, tu devi essere… chi penso tu sia?»
L’uomo sorrise, stringendosi nelle spalle. «be’, so cosa pensi, e no. Non sono Lui. Io sono l’altra metà del destino. Dove c’è la Morte, c’è la Rinascita, ed è per questo che ti ho condotto qui. Varcata questa soglia, tornerai alla tua nascita. Hai scelto di rivivere la tua intera esistenza passata. Sii fiero di ciò che hai fatto e farai. Addio.»
Nella sala precedente, la Morte si apprestava a valutare un’altra anima, ma si soffermò a rileggere il nome su quel foglio, uguale a migliaia di tanti altri eppure molto più prezioso.
«Sono eventi così rari, eppure in questo mondo, in tanto dolore e devastazione, appare ancora qualcuno con sufficiente coraggio, qualcuno che merita l’appellativo di Eroe. Sei coraggioso, Salvo D’acquisto, decisamente una persona capace di rimanere impassibile anche di fronte alla Morte.»
«Sono eventi così rari, eppure in questo mondo, in tanto dolore e devastazione, appare ancora qualcuno con sufficiente coraggio, qualcuno che merita l’appellativo di Eroe. Sei coraggioso, Salvo D’acquisto, decisamente una persona capace di rimanere impassibile anche di fronte alla Morte.»
Ciao Angelo!
RispondiEliminaè il primo tuo racconto che leggo e commento e mi hai molto colpito. Come forse avrai intuito, visto quello che ho pubblicato a novembre, mi piacciono molto i racconti storici, ed il tuo mi ha positivamente stupito, soprattutto alla fine. Più la storia andava avanti e più mi sembrava di ricordare qualcosa, ma il modo in cui l'hai trattata è stato davvero originale. Bravissimo, hai mescolato fantasia e realtà!
Grazie mille!
Elimina(Angelo)
Ciao Angelo! L'ambientazione è molto suggestiva e mi hai subito catapultata nel cuore del racconto grazie a questo splendido espediente del ricordo ricordato. Appena ho iniziato a leggere ho subito capito chi fosse quel giovane eroe, la storia di Salvo D'acquisto mi è molto cara e da sempre mi emoziona, perciò ritrovarla qui, con questa magica rivisitazione mi ha messa KO. Moltissimi complimenti per la scelta e per la scorrevolezza che hai dato al racconto, si legge in un fiato. Alla prossima 🤩
RispondiEliminaTi ringrazio molto, difatti solo chi conosce la storia può capire subito chi sia il personaggio
Elimina(Angelo)
Che storia particolare questa, mi ha sorpreso dall'inizio alla fine e per quanto non ami molto questo genere (tutte nella rubrica potranno confermartelo) devo dire che si legge davvero in fretta grazie al tuo stile immediato
RispondiEliminaTi ringrazio molto!
Elimina(Angelo)
Ciao. Quando ho iniziato a leggere il tuo racconto non sapevo cosa aspettarmi. Per un po' pensavo fosse un racconto fantasy quasi, poi piano piano il quadro è diventato più chiaro, arrivando all'ultima tessera che ha completato il tutto: il nome del personaggio.
RispondiEliminaHai creato un racconto molto suggestivo, l'ambiente che hai presentato, l'atmosfera, sembrava quasi di vedere un film davanti agli occhi. Complimenti davvero per il tuo racconto e per la scelta che hai fatto.
Ti ringrazio molto
Elimina(Angelo)